PICCOLE CURIOSITA’ FOTOGRAFICHE

Avete mai sentito parlare dell’effetto cheerleader?

L’effetto cheerleader, noto anche come effetto di attrattiva del gruppo, è il pregiudizio cognitivo che induce le persone a giudicare gli individui più attraenti quando appaiono in foto di gruppo rispetto a quando appaiono in foto individuali. Drew Walker ed Edward Vul, due psicologi dell’università San Diego in California, hanno condotto degli studi mostrando ad alcuni volontari dei volti maschili e femminili in foto di gruppo e in foto individuali, seguendo un ordine casuale. Ai partecipanti è stato quindi chiesto di valutare quanto fosse attraente ogni faccia.

È risultato che gli stessi volti hanno ottenuto un punteggio maggiore nelle foto di gruppo, in confronto a quando venivano mostrati in una foto da soli. Un esempio molto lampante sono state appunto, le foto che ritraevano delle cheerleader.

Secondo gli psicologi, a prima vista le nostre menti misurano inconsciamente la bellezza in base alla media. Il valore di bellezza media, tende ad essere superiore a quello del singolo individuo.  Inoltre le foto di gruppo danno l’impressione che i soggetti ritratti, possiedano più intelligenza sociale o emotiva.


La prima fotocamera “lunare”

La prima macchina fotografica che scattò le prime foto sulla luna, fu abbandonata lì per avere meno peso al ritorno. Gli astronauti lasciarono lì tutte le fotocamere utilizzate per quella missione, per riportare sulla Terra 25 kg di rocce lunari.

Le macchine fotografiche utilizzate dagli astronauti della missione Apollo 11 per immortalare lo storico allunaggio, erano speciali fotocamere la cui progettazione, aveva avuto inizio ben sette anni prima del 1969. Una cooperazione tra la NASA e la svedese Hasselblad per rendere la macchina il più efficiente possibile, soprattutto per consentire di scattare più foto in successione senza dover cambiare pellicola. Operazione che sarebbe risultata particolarmente complessa sulla luna. Per questo Hasselblad realizzò uno speciale caricatore da 70 pose (quello classico ne consentiva allora solamente 12). Priva di mirino poiché inutile considerando che l’astronauta scattando con l’apparecchio appoggiato al petto, era impossibilitato a vederlo. Ecco perché, le immagini non hanno proprio un’inquadratura perfetta. La macchina fotografica aveva inoltre una scocca esterna totalmente scura per evitare riflessi involontari.


La prima fotografia a colori

Parliamo del primo vero scatto con i colori. Non prendiamo in considerazione i diversi metodi che si utilizzavano per applicare a mano del colore, sopra una fotografia in bianco e nero.

Ufficialmente la fotografia a colori nasce nel 1861 grazie alla collaborazione tra il fisico scozzese James Clerk Maxwell ed il fotografo inglese Thomas Sutton.

Maxwell affermava che combinando i tre colori primari della luce: rosso, verde e blu, si sarebbero potuti ottenere tutti gli altri colori. Thomas Sutton utilizzando quindi tre filtri colorati distinti, posizionati davanti all’obiettivo, fotografò un nastro scozzese. Vennero quindi stampate su vetro tre immagini: una con tonalità rossa, una con tonalità blu e una con tonalità verde. Le tre immagini furono proiettate su uno schermo utilizzando tre proiettori, ciascuno a sua volta dotato del filtro colore relativo. Le tre immagini così sovrapposte, ne formarono una unica a colori.  Le tre lastre fotografiche ora risiedono nella casa natale di Maxwell ad Edimburgo, divenuta un museo.

James Clerk Maxwell-tartan ribbon, prima fotografia a colori
Le tre lastre fotografiche


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